SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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giovedì 18 maggio 2017

Tre traversate in tre giorni

Martedì 16 maggio 2017 - 10° giorno di viaggio
Paralia Arkoudilas, Corfù - Lakka, Paxos (16 km di traversata)
Vento variabile E-NE 5-8 nodi (F2-3) - mare da calmo a poco mosso - 19°C
Piove sin dal primo mattino.
Facciamo giusto in tempo a smontare la tenda e poi la pioggia ci accompagna fino a Paxos.
Oggi è il giorno della nostra seconda traversata, dopo quella brevissima dal continente a Corfù: rotta 170° su Paxos.
Il mare è color mercurio, calmo e pesante come il cielo sopra i nostri kayak. Siamo soli.
Come soli siamo stati sulla spiaggia dorata di Corfù. Passano di primo mattino solo alcuni escursionisti, una coppia di tedeschi, un'inglese e un'altra giovane coppia, stavolta di francesi: zaino in spalla e cartina in mano, sono tutti diretti a nord, lungo il sentiero costiero che in otto giorni permette di camminare tutt'intorno alla più settentrionale delle sette isole ioniche dell'Eptaneso.
E' stata una notte umida: le solite lucciole si sono ritirate a dormire ancora prima di noi e la tenda si è subito imperlata di tante goccioline brillanti.
Al risveglio speriamo ci sia ad accoglierci un bel sole ben augurale ma le nuvole lo nascondono alla nostra vista per l'intera giornata.
Speravamo di non dover più indossare la giacca d'acqua a maniche lunghe, ma sembra proprio che questa battaglia debba continuare ancora per qualche giorno: l'estate non è ancora del tutto arrivata e non posso permettermi di navigare in maniche corte. Io almeno, perchè Mauro insiste con la giacca d'acqua leggera, ma col cappello nord-ovest ben calcato sulla testa.
Salutiamo Corfù con la sensazione che quanto di brutto c'era sull'isola sia aumentato e quanto di bello invece sia stato rovinato: rispetto al 2008 gli alberghi sembrano cresciuti in numero e stazza, le abitazione private sono senza dubbio aumentate e la costa è molto più antropizzata. Si salva giusto il tratto sud-occidentale che, grazie alla scogliera di arenaria, così friabile e inaffidabile, ha mantenuto un aspetto selvaggio e naturale.
Salutiamo Corfù con un bel bottino: una corposa collezione di ricci verdi talmente piccoli che non riesco neanche a contarli, tutti finiti in un barattolino di plastica bianca che mi è venuto in mano proprio quando mi guardavo attorno per cercare un contenitore adatto.
Salutiamo Corfù a cuor leggero: la prima isola del nostro nuovo viaggio "estivo" in Grecia è già alle nostre spalle.
Rispetto alle Cicladi, le Isole Ioniche si contano sulla punta delle dita, e le traversate non saranno di certo così numerose come l'anno passato; inoltre quest'anno non ci saranno circumnavigazioni da completare, perchè abbiamo già da tempo deciso di pagaiare lungo il solo versante occidentale delle "sette isole sorelle", quello rivolto al mare aperto e che sappiamo essere più interessante. L'unico periplo vero e proprio lo riserviamo al Peloponneso, per noi una costa nuova tutta da scoprire.
Il cielo grigio e scuro si chiude sopra Corfù non appena volgiamo le nostre prue verso Paxos.
Il mare accenna un'increspatura svogliata dopo circa un'ora di navigazione, quando non siamo neanche a metà traversata.
Poi il vento rinforza e cambia appena di direzione, senza lasciarlo intendere al mare, che gonfia un'onda lunga contraria sulla quale si formano creste frangenti sempre più frequenti. Fin quando le raffiche non si intensificano ed i kayak prendono a salire e scendere su piccole collinette d'acqua argentata. Pensavamo sarebbe stata una traversata piatta e monotona ma ci ricrediamo subito.
Restiamo soli per l'intera giornata. In mare non c'è nessuno e si intravedono soltanto un paio di vele bianche che filano lontane all'orizzonte.
Vengono invece a tenerci compagnia un paio di berte maggiori, i nostri uccelli preferiti, dal bel piumaggio color caffellatte e dal ventre paffuto e bianco: volano sul pelo dell'acqua senza quasi battere le ali e sembra che non vogliano mai staccarsi dal mare perchè seguono il suo profilo liquido
in modo leggero ed elegante. Li chiamavamo gli uccelli del vento, prima di scoprire che sono delle berte, e li chiamiamo ancora così quando compaiono dal nulla in mezzo al mare: non si incontrano mai lungo la costa, amano i grandi spazi aperti e arrivano in alto mare proprio quando si alza il vento. Le due berte sembrano incuriosite dai nostri kayak e planano vicine come mai ci era capitato prima. Riusciamo persino a catturare le loro sagome scure nei nostri obiettivi e diamo così un senso compiuto all'intera giornata: in anni di navigazione non eravamo mai riusciti a fotografare delle berte, perchè il vento intorno creava talmente tante turbolenze da non lasciarci mai il modo di staccare le mani dalla pagaia.
Oggi traversiamo in compagnia e ci dimentichiamo anche della pioggia: copriamo gli ultimi chilometri col sorriso sulle labbra.
Fatichiamo solo a scorgere il faro di Paxos, abbarbicato sul capo più distante dall'ingresso della baia di Lakka, segnalata da una luce rossa dimenticata in alto sulla scogliera e completamente avvolta dalla vegetazione. Entrarci di notte sarà pure semplice, ma in un giorno grigio e bigio come questo non è facile distinguere la porta d'accesso dell'ampia e tranquilla insenatura interna. Troviamo una ventina di barche a vela alla ruota con tante bandiere diverse che sventolano sull'acqua verde e cristallina: riconosciamo le bandiere inglesi e norvegesi, ci viene qualche dubbio solo per quelle "tedesche rovesciate", come dice Mauro, e per quelle "francesi orizzontali", come ribatto io...
C'è una caletta di ciottoli bianchi incoronata da un giardino terrazzato di querciulivi: ci chiama.
Sbarchiamo con calma e con altrettanto calma ci prepariamo per andare in taverna.
Piove ancora ma non fa freddo. Sono soltanto le quattro del pomeriggio e dobbiamo tergiversare un po' in giro per il paese nell'attesa che apra i battenti la taverna che abbiamo adocchiato, situata un po' in disparte dietro la piazzetta principale. Cerchiamo intanto un luogo adatto per Spot, visto che dalla spiaggia dei querciulivi non ne ha voluto sapere di lanciare il segnale di arrivo: funziona invece sul molo centrale del porticciolo, accanto alle cinque vele ormeggiate proprio davanti ai tavolini del bar che offre danze greche tutti i mercoledì sera... Fortuna che siamo arrivati con un giorno di anticipo.
Ceniamo sotto lo sguardo pacioso di un gattone rosso dal pelo gonfio che, come tutti i gatti rossi, si accoccola subito vicino a Mauro.

Omaggio ai fruttini del Mammut

Mercoledì 17 maggio 2017 - 11° giorno di viaggio
Lakka, Paxos - Paralia Voutoumi, Antipaxos (26 km di cui 4 in traversata)
Vento N-NE 3-5 nodi (F2), mare calmo e poco mosso, 18°C
E' molto bella, l'isola di Paxos. Specie quando non piove.
La costa occidentale è rocciosa, scoscesa e frastagliata, piena di grotte maestose con stalattiti a vista, di faraglioni imponenti e di archi naturali dalle dimensioni impressionanti. Ci sono pochissimi punti di sbarco e la maggior parte sembra inaccessibile: le spiaggette bianchissime sono tutte ritagliate sotto costoni altissimi e incombenti, che in paio di punti sono anche venuti giù, cancellando spiaggia e sosta.
L'unica possibilità di sbarco è offerta da una piccola baia incassata tra basse scogliere ricoperte di macchia mediterranea, dove oggi il mare è calmo, limpido e cristallino, ma dove le onde sono state capaci di entrare nel letto del torrente in secca per diverse decine di metri, tracciando una netta linea di separazione tra i ciottoli sbiancati dal mare e i massi anneriti dalla terra. Ci concediamo una breve sosta nell'unico angolino riparato dal vento per rendere omaggio agli ultimi due fruttini del Mammut: questo concentrato di mele cotogne è stato un tocca sana nei primi dieci giorni di viaggio, dobbiamo imparare a farne una scorta abbondante per ogni altra spedizione futura.
C'è un bel sole deciso, oggi, che ci tiene compagnia per le prime ore di navigazione e ci fa quasi pentire di avere indossato la giacca d'acqua a maniche corte: moriamo di caldo per i primi dieci chilometri. Non appena lasciamo Paxos e ci apprestiamo a traversare lo stretto braccio di mare che separa l'isola dalla sua sorella minore, però, si profila un fronte nuvoloso così ampio da nascondere in pochi minuti la costa greca dietro una fitta cortina di pioggia scura. Speriamo di evitarlo ma non appena tocchiamo le scogliere di Antipaxos siamo investiti da un acquazzone persistente che non ci lascia più fino allo sbarco: moriamo di freddo per gli ultimi dieci chilometri. Inutile scendere a terra se piove a dirotto, non faremmo altro che aggiungere freddo al freddo, meglio continuare a pagaiare per mantenere un minimo di temperatura corporea e sperare che nel frattempo lampi e tuoni si allontanino. Per qualche momento rombano proprio sulle nostre teste e sembra che ci sia qualcuno che si è messo a suonare dei gong giganteschi lassù in montagna: ad un tratto, un tuono diverso da tutti gli altri riempie l'aria di un suono di tromba stonata, come se il trombettista avesse inghiottito un'oliva. E' tutto nero verso il mare aperto, è tutto pulito verso l'isola: la pioggia lava la terra, gli alberi e l'aria.
Quando doppiamo il faro sul capo meridionale di Antipaxos si alza un vento contrario che ci fa battere i denti dal freddo.
Abbiamo scelto di costeggiare il versante occidentale dell'isola per poi risalire quello orientale, così da completare in giornata il periplo di questo piccolo gioiello dell'Eptaneso. Siamo quasi pentiti: fa un freddo polare e tra pioggia e vento cominciamo ad avvertire brividi e pelle d'oca. E il temporale occupa ancora tutto il cielo sopra di noi, e chiude l'orizzonte tutto intorno a noi. Finchè diluvia non smettiamo di pagaiare, lo decidiamo all'unisono senza neanche bisogno di dircelo, piuttosto risaliamo verso nord lungo la costa sud-orientale di Paxos. A pochi chilometri c'è il paese principale, Gaios, incassato in una baia protetta da una coppia di isolette da cartolina, sormontate da un faro e da un paio di chiesette: Mauro non ha mai visitato prima queste isole e potrebbe essere l'occasione buona, anche sotto l'acqua. Ma non appena gli leggo l'appunto riportato dal portolano sulla carta, "meta escursionistica affollatissima, con tanti gatti quanti turisti", ci ripensa all'istante e rinuncia sia ai gatti che alla visita.
Restiamo su Antipaxos e resistiamo al temporale. Pagaiamo quanto più possibile vicini alla costa per trovare un minimo di riparo dal vento gelido. Scogliettiamo, come diciamo in questi casi: la pagaia quasi sfiora gli scogli della riva ed i kayak filano attaccati alla scogliera. Basterebbe allungare una mano per toccare terra. Rischiamo di aprire il kayak come un'ostrica su uno scoglio affiorante ma il mare è piatto come uno specchio e così limpido che ci si vede attraverso. Di scogli neanche l'ombra. A rendere ardua l'impresa di scogliettare, invece, ci si mettono i gabbiani: sono nel periodo della cova ed alcune coppie hanno già i pulcini implumi che sgambettano impauriti sulla scogliera, senza sapere bene dove andare a nascondersi. Il nostro passaggio li disturba e loro iniziano a disturbare noi: a turno e a ripetizione cominciano ad emettere quei loro versi striduli e nervosi che perforano i timpani e rendono isterici... Mauro si spazientisce subito, ma pur di non tornare a patire il freddo nel vento, si mette ad urlare più loro, così quelli si sentono autorizzati a continuare a starnazzare più di prima e in pochi minuti la confusione è totale.
Finalmente, compare una caletta più profonda delle altre, con un porticciolo rudimentale ed alcuni caicchi attraccati al molo: ci sono due cassonetti dell'immondizia e una mezza dozzina di auto lasciate sulla riva. Il posto non ci piace: non abbiamo sofferto il caldo ed il freddo solo per trovare un riparo così scalcinato. Proseguiamo.
Non appena giriamo il capo ci sembra di entrare in paradiso, col sole che compare tra le nuvole e accende la baia di tutti i colori.
La guida turistica la chiama Emerald Bay ed il nome è quanto di più appropriato per questa baia incassata tra le scogliere bianco perla e la boscaglia verde oliva, incoronata da una spiaggia di ciottoli che scendono a gradoni su un fondale di sabbia finissima e chiarissima.
Ed è tutta per noi. In giro non c'è nessun altro. Salvo un'asina curiosa che subito s'avvicina: è gravida e la pancia è talmente grande che non appena si accuccia vicino ai nostri kayak pensiamo che si stia preparando a figliare. Invece è solo una coccolona e non si allontana più dal campo. Neanche a notte fonda: quando usciamo per fare pipì ce la ritroviamo col muso piantato nell'ingresso della tenda che per poco non ci prende un'infarto...    
Con la solita fortuna di sempre, il sole ci lascia tutto il tempo di montare il campo e di cenare: non appena ci infiliamo in tenda, la pioggia riprende a cadere fitta fitta ed il suo ticchettio ci fa addormentare all'istante, ancor prima che scenda l'oscurità.


Giovedì 18 maggio 2017 - 12° giorno di viaggio
Paralia Voutoumi, Antipaxos - Ormos Odyssea, Grecia (26 km di traversata)
Vento NW tendente a W 7-10 nodi (F3), mare da calmo a poco mosso, 23°C
Abbiamo dormito come due angioletti, a parte l'incubo dell'asina che sbava tutta notte sulla tenda.
Meno male che ha piovuto sempre, così il telo s'è lavato da solo e al mattino è già bell'asciutto.
Ci sveglia il sole un'ora prima del solito: oggi resta piantato in cielo per tutta la giornata.
Riusciamo ad imbarcarci un quarto d'ora prima del solito, non appena arrivano in spiaggia i primi turisti, giunti sull'isola con caicchi e barche a vela. Prendiamo il mare proprio mentre loro si sistemano a prendere il sole.
Rotta 80° sulla terra ferma: dopo aver lasciato la Grecia alla volta di Corfù ed aver poi traversato su Paxos ed Antipaxos, ora ce ne torniamo in continente.
Avremmo potuto scegliere di risalire un tratto di Paxos per traversare nel punto più stretto del canale, appena una quidicina di chilometri. Ma il mare oggi è una tavola blu, il vento non si è ancora alzato e le previsioni annunciano a partire dalle due del pomeriggio una leggere brezza da ovest, tutta a nostro favore. Guai a non approfittare di queste situazioni: traversiamo nel punto più ampio ma così ci godiamo il mare, il vento e la navigazione d'altura.
Tutte le barche a vela sono dirette alla Baia dello Smeraldo di Antipaxos e quindi incrociano molto distanti dai nostri kayak. In più, tutti i traghetti di linea sono passati già di buon mattino, sia quelli diretti a nord verso Igoumenitza che quelli diretti a sud verso Lefkada e le altre Isole Ioniche. Il che significa che, se non siamo proprio soli in mezzo al mare, almeno non incontriamo nessun altro sulla nostra rotta.
La traversata è lunga ma silenziosa, tranquilla e piacevole. Il sole splende alto nel cielo azzurro, finalmente libero dalle nuvole, la brezza alle nostre spalle ci sospinge dolcemente e l'onda lunga contraria non rallenta minimamente la nostra andatura: ci sembra quasi incredibile ma per tutte e quattro le ore di navigazione riusciamo a mantenere una velocità costante di oltre 3 nodi. Non ci era forse mai capitato prima.
Allo scoccare della terza ora, quando siamo esattamente a metà percorso, con 13 chilometri pagaiati e altri 13 ancora da pagaiare, ci concediamo una breve sosta per scartare una merendina: avendo finito gli inarrivabili fruttini del Mammut, ci siamo dovuti accontentare di una barretta di mandorle e sesamo al miele, talmente lunga da sgranocchiare e mandar giù che nel frattempo abbiamo anche dovuto riprendere a pagaiare.
Per molto tempo ancora l'unica compagnia è la ritmica immersione della pala in acqua e lo sgocciolio sommesso della pagaia sul paraspruzzi, anzi nel punto esatto in cui Mauro ha sistemato il gps, proprio al centro del paraspruzzi. Così si rinfresca ad ogni pagaiata, senza bisogno di bagnarlo ogni dieci minuti, come siamo invece costretti a fare con i pannelli solari, rinchiusi dentro due custodie stagne che si infuocano sotto il sole. Oggi ha ripreso a fare caldo e non indossiamo neanche la giacca d'acqua.
Raggiungiamo la terra ferma che non sono neanche le quattro del pomeriggio: entriamo in una splendida baia incassata tra due promontori e incoronata da un lunghissima spiaggia a mezza luna di sabbia bianca e fine. Sulla costa e tra le piante spuntano una quarantina di camper, tutti ben sistemati ma ancora tutti chiusi. Mentre noi ci spostiamo armi e bagagli sotto la tettoia di una vecchia kantina ormai dismessa, altri tre o quattro camper raggiungono la spiaggia e si piazzano davanti al mare in attesa del tramonto.
Noi facciamo in tempo a fare tutto con calma, grufolare sulla battigia, montare la tenda e persino cenare: non sono neanche le sei di sera che siamo già pronti per concludere la giornata. Ci godiamo lo spettacolo di una mandria di capre condotte al pascolo da uno degli ultimi pastori della zona, il proprietario della kantina dentro cui ci siamo accampati: ci parla in un greco fitto fitto di cui non capiamo una sola parola, salvo quella con cui ci autorizza a restare dove siamo. No problema, italiani amici!
Abbiamo così modo di scegliere foto e parole per aggiornare il blog, seduti al tavolino blu di una kantina sul mare aperta solo per noi.

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