SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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lunedì 15 maggio 2017

Il primo giorno di sole pieno

Sabato 13 maggio 2017 - 7° giorno di viaggio
Agios Stefanos - Akrotiri Iliadoros, Corfù (24 km)
Vento SW tendente a NW 8-10 nodi (F3) - mare poco mosso - 20°C
La taverna di Manthos ha un menù coi fiocchi e riscatta così la nomea di Agios Stefanos.
Ci gustiamo i piatti forti del locale, preparati secondo la ricetta della nonna tramandata di generazione in generazione: la cena è a base di tzatziki, il tradizionale intingolo di yogurt, aglio e cetrioli greci guarnito di olive locali, di sofrito, la carne in umido con una salsina da leccarsi i baffi, e di spanokòpita, una ricca porzione di torta rustica ripiena di spinaci. E due bicchieri di vino rosso aromatico.
Torniamo anche per la colazione, Mauro all'inglese ed io alla mediterranea, con due caffè lunghi all'americana. Prima di salutarci, Manthos ci chiede di attendere un momento alla cassa: ci chiede di firmare il libro dei clienti, le prime righe della nuova stagione 2017, ci dice. 
Non abbiamo fretta di riprendere mare, dobbiamo aspettare che il vento giri e cali: ieri non sarebbe stato possibile navigare verso sud, col vento di burrasca che spirava da sud, nella direzione esattamente contraria alla nostra rotta. Oggi, invece, che le previsioni lo danno in attenuazione, possiamo proseguire verso la parte meridionale dell'isola senza battagliare troppo contro vento.
All'ora di pranzo, come annunciato, il vento si attenua: rimane un'onda lunga e morbida, residuo della burrasca dei due giorni precedenti, ma come sempre è per noi un vero piacere navigare sul mare di scaduta. E' come un'altalena che sale e che scende, lenta ed ipnotica.
Volgiamo le spalle alle Isole Diapontine, le quattro isolette a nord di Corfù che siamo stati tentati di andare a visitare: distano una decina di miglia dall'isola madre e tra di loro, sono abitate da pochi pescatori e vantano un solo porto, un unico faro ed un profilo che da lontano sembra interessante. Ma non siamo in vena di traversate, non ancora almeno. Siamo un po' in ritardo sulla tabella di marcia e tra una decina di giorni abbiamo un appuntamento importante a cui non possiamo mancare: il nostro amico George Gazetas della scuola di kayak Odysea ha organizzato a Lefkada un training 4* della British Canoeing e mi ha invitato a tenere il corso. Dobbiamo recuperare e proseguire.
Pagaiamo al largo per sfruttare al meglio il primo timido vento da nord-ovest: spira poco deciso ma è già sufficiente per farci mantenere una buona andatura. E' una mattinata fitta di chiacchiere, forse per distrarci dalla monotonia dei primi due golfi della costa nord-occidentale di Corfù: sono densamente abitati e costruiti e benchè vantino della belle spiagge sono già intasati di auto in strada e turisti sotto gli ombrelloni. Si vede che il primo fine settimana di bel tempo ha attirato al mare anche i locali.
Quando la costa sale, le costruzioni scompaiono: tornano le scogliere dirupate, popolate solo da un piccola colonia di cormorani.
Più in alto sulle montagne spuntano le chiome ampie dei pini marittimi ed i profili allungati e puntuti dei cipressi, di un bel verde intenso così tipico di tutte le Isole Ioniche e che tanto ci aveva conquistato nei viaggi precedenti. In una vallata soleggiata se ne sta incastonato un paesino lungo e stretto con le casupole dai colori pastello che sembra il luogo ideale per ammirare dall'alto lo spettacolo della costa e del mare. Ai suoi piedi si adagia il più famoso ma sgraziato centro di Paleokastritza, una doppia insenatura ad abbracciare un piccolo promontorio roccioso sormontato dall'omonima chiesetta, da un recente acquario e da un gigantesco parcheggio. Sembra già di essere in alta stagione.
Giriamo oltre il piccolo faro di un secondo promontorio di cui ho un vivido ricordo dal precedente viaggio del 2008: non mi sono mai dimenticata della spiaggetta di sassolini bianchi dove, nell'atto di spingere in acqua il pesante kayak doppio di una coppia di amici, mi sono procurata un profondo taglio sulla gamba destra appoggiandomi appena al suo micidiale timone (un motivo in più per detestare i timoni!). E se la memoria non mi inganna, qui mi sembra tutto cambiato, molto più costruito e molto meno pittoresco.
Accenniamo una breve entrata nel golfo successivo, ma un albergo a sette piani color aragosta ci blocca sul limitare e scegliamo di volgere altrove le nostre prue. Raggiungiamo in poco tempo la nostra cala per una notte, incassata tra due scogliere ricoperte di macchia mediterranea all'estremità meridionale del golfo di Liapades, lontana da tutte quelle costruzioni. La scelgo io, stavolta, la nostra cala per una notte: e sbaglio tutto. L'orientamento, l'esposizione al vento, l'ampiezza, tutto. Mulinelli si formano in ogni dove e sollevano coriandoli di posidonia, onde frangono sulla battigia con crescente aggressività e rendono lo sbarco alquanto turbolento, nuvolette dispettose nascondono il sole proprio quando ne avremmo più bisogno. Mauro è chiaramente scontento e a nulla valgono i miei sforzi per fargli notare la bellezza della cala: mi ha attirato da lontano e non ho saputo resistere al suo richiamo. Poi come d'incanto tutto si placa: il sole torna a scaldare i ciottolini bianchi, il vento attenua le sue sferzate improvvise e non fa neanche troppo freddo, tanto che riusciamo a cenare fuori dalla tenda.
Il tramonto ci regala un momento indimenticabile e non appena ci infiliamo nei sacchi a pelo crolliamo come due pere cotte.


Domenica 14 maggio 2017 - 8° giorno di viaggio
Akrotiri Iliadoros - Akrotiri Gardiki, Corfù (31 km)
Vento NW 18-21 nodi (F5) - mare da calmo a mosso - 20°C
Il risveglio è lento, come piace a noi.
Il sole entra piano in tenda. Il vento riprende piano a imbiancare il mare. Le onde salgono piano a lambire le poppe dei kayak.
Tutto inizia piano, con calma, senza fretta. Anche la nostra giornata, la prima con un bel sole caldo di inizio estate.
Provo a grufolare un po' sulla spiaggia mentre Mauro si fa la barba ma non c'è niente da raccattare e torno a mani vuote a smontare il campo. Meglio così: quando non ho da riporre sassi e ricci e conchigliette varie, riusciamo di solito ad imbarcarci ad un orario decente. Stamattina, però, perdiamo del tempo prezioso per un altro motivo, e non per colpa mia e delle mie manie: uno dei soliti cafonauti della domenica, che Mauro prontamente definisce "marinaio da ghigliottina" (anche se marinaio è già troppo lusinghiero per i miei gusti) si affaccia alla cala, getta l'ancora al centro e tiene il motore acceso per un'eternità. Incurante delle nostre manovre di avvicinamento al mare, che richiedono un evidente sforzo combinato, specie per girare i kayak con la prua alle onde sfruttando il notevole scalino creato sulla spiaggia dalla risacca della notte, il tipo paffuto e tatuato si posiziona proprio davanti a noi, occupando il poco spazio libero dagli scogli sommersi. La tipa paffuta e tatuata al suo fianco, incurante della nostra attesa, si tuffa per un bagnetto con annesso gridolino. Poi risale sulla scaletta che il tipo le porge e sembrano decisi a ripartire. Il tipo tatuato accende i motori e la tipa tatuata recupera l'ancora ma... qualcosa non funziona e l'ancora non ne vuole sapere di risalire. Provano e riprovano per almeno mezz'ora, appestando l'aria e intorbidando l'acqua. Noi intanto decidiamo di entrare in acqua, cercando di schivare sia gli scogli che il motoscafo. Quando lasciamo la nostra cala per una notte, i due tipi tatuati stanno ancora lì a cercare invano di recuperare l'ancora.
Non facciamo in tempo a doppiare il primo capo che si avvicina un secondo "marinaio da ghigliottina": questi sono sei, a dire il vero, tutti belli affacciati ad ogni parapetto del motoscafo, a prua a poppa e su ogni lato. Da quando hanno preso a noleggiare motoscafi a motore anche a chi non ha la patente nautica, s'è persa non solo la cultura del mare ma anche la nozione delle più elementari regole di navigazione, tipo quelle sul diritto di precedenza e sugli obblighi di incrocio... Vabbè, questi sei tipi ci tagliano il mare a prua, tra un putiferio di spruzzi, urletti e saluti entusiasti. A cui noi non rispondiamo: siamo sempre contenti di ricambiare i saluti in mare, ma da oggi rifiutiamo il saluto ai "motocafonauti", ecco!
La costa è molto verde e lussureggiante, con un bel monastero costruito a pochi passi dal mare ed immerso nella vegetazione circostante. Peccato che subito dopo si susseguano degli alberghi giganteschi, ma forse c'è ancora spazio per il campeggio libero organizzato, a giudicare da tutte quei teli da spiaggia colorati che svolazzano nella caletta limitrofa. Poi altri alberghi, altre case sul mare ma anche tanti altri pini e cipressi.
Poco oltre si profilo uno scoglio che sembra un piccolo ritrovo di civette che ci osservano incuriosite, ma è solo il gioco di luci ed ombre di questo primo sole estivo. Potrebbe offrirci un riparo per sgranocchiare uno spuntino ed invece ci tocca proseguire per altri cinque o sei chilometri, fino all'isolotto più grande, nei pressi del quale scorgiamo la nostra prima tartaruga Caretta caretta: se ne sta un paio di metri sotto il pelo dell'acqua a nuotare placida su questi bassi fondali sabbiosi disseminati di scogli semi-sommersi. Non c'è nessuna possibilità di sbarco, a meno di non voler ingaggiare una sfida con le onde frangenti di un oltre metro, e così ci accontentiamo di scendere in mezzo metro d'acqua nel piccolo passaggio ridossato dal vento offerto dall'isolotto. 
Abbiamo preso questa abitudine per noi insolita di saltare il pranzo e di sgranocchiare in navigazione uno dei fruttini di mele cotogne del Mammut oppure una delle barrette di sesamo col miele che qui in Grecia sono molto comuni. Riusciamo così a sfruttare in pieno le ore centrali della giornata, da mezzogiorno alle cinque, per coprire la nostra tappa quotidiana senza correre dietro al tempo e senza perderci nessun pezzetto di costa. Risaliamo in kayak dopo la veloce ricarica di zuccheri e ci apprestiamo a costeggiare un altro tratto di costa alta e rocciosa.
Il mare è cresciuto, insieme al vento. Adesso le onde, che stamattina ci spingevano a velocità sostenuta e ci facevano sfiorare i sette nodi, sono diventate più paffute, irregolari e dispettose e molto volte ci impongono di usare il frustino per domare i cavalli più irrequieti.
Poi la costa si abbassa e si rovina. Skala è un paesino anonimo che di bello ha solo il nome: le scogliere di arenaria rossa sono sormontate di casette per le vacanze che hanno tutte i muretti precipitati in mare. Le scalette in legno o ferro che penzolano nel vuoto mettono tristezza.
Raggiungiamo le prime propaggini del grande lago salato di Korission e cominciamo ad essere preoccupati di non riuscire a trovare un luogo riparato dal vento dove poter montare la tenda. E siamo anche impensieriti da queste onde frangenti che si caricano non solo di spuma bianca ma anche di filamenti di posidonia, che nel momento dello sbarco sono capaci di infilarsi dappertutto, sotto i tienti bene dei ponti, sotto i pannelli solari, sotto le pagaie di riserva e persino dentro al pozzetto. Abbiamo imparato ad amare la posidonia, soprattutto da quando il mio fratellino geologo marino ha iniziato il progetto Medonia, ma detestiamo quando ci costringe alle grandi pulizie di primavera sul kayak.
Ma siamo fortunati: la prima parte del sentiero costiero è occupata da un vecchio bar abbandonato, dotato però ancora di una doccia d'acqua dolce e di un comodo tavolato con tanto di tettoia e parete retrostante. Il luogo è perfetto, anche se un tantino malandato. Impieghiamo una buona oretta per lavare i kayak dalla sabbia e dalla posidonia ma poi godiamo di tutte le comodità, persino dell'acqua corrente per lavare i piatti dopo cena!


Lunedì 15 maggio 2017 - 9° giorno di viaggio
Akrotiri Gardiki - Paralia Arkoudilas, Corfù (25 km)
Vento NW 8-10 nodi (F3) in attenuazione - mare poco mosso e quasi calmo - 20°C
Quando tira vento, anche solo una bava di vento, una spiaggia di sabbia diventa un incubo per il canoista di lungo corso.
La sabbia s'infila dappertutto, in kayak, nei vestiti e nella scodella della prima colazione, e rende la vita in campeggio nautico una prova di coraggio. 
L'unica nota positiva di una spiaggia di sabbia è che la sabbia pulisce meglio di ogni altra cosa la mia lavagnetta degli appunti.
Questa spiaggia di sabbia è lunga cinque o sei chilometri, l'intero sviluppo del lago salato interno. Per un lungo tratto, è anche sormontata da dune alte e nobili, di quelle ormai sempre più rare nel Mediterraneo perchè sempre più ambite da turisti e catene alberghiere. Qui a Corfù hanno saputo proteggere la duna costiera con un sentiero segnalato ed alcune barriere di canne per riparare i punti più delicati. Ci sono gigli di mare ovunque e nel periodo della fioritura offriranno uno spettacolo nello spettacolo. Non ci sono strade. E la duna mostra tutta la sua grandiosa bellezza.
Poco oltre si apre un paesino anonimo che però attira l'attenzione di Mauro: ha finito le sigarette. Torna con due gelati, il nostro pranzo di oggi.
Dopo qualche altro chilometro di costa bassa e casette in bilico sulla scogliera, tornano le pareti di arenaria alte e imponenti.
Somigliano a quelle del Canal d'Amour a nord di Corfù, gli stessi colori ambrati e le stesse striature grigiastre, ma qui sul versante sud-occidentale hanno un aspetto meno inquietante: non sono più così verticali e strapiombanti e gli alberi non sono più così precari sulle sommità franose. Qui le scogliere hanno spicchi triangolari creati da erosioni e frane e dall'instancabile lavorio del vento e dell'acqua e ogni triangolo di sabbia dorata è ricoperto di arbusti caparbi e verdissimi che macchiano di colore questa distesa uniforme di striature grigio-ambrate. Sono scogliere molto alte ma anche molto profonde, scavate da canyon che serpeggiano nell'interno come a voler cercare un nascondiglio sicuro per ripararsi dagli assalti del mare.
Le onde oggi si sono attenuate ma la costa è disseminata di scogli affioranti e di tanto in tanto si creano ancora frangenti che imbiancano il mare. 
Dobbiamo destreggiarci tra le secche, chiedendo ai Voyager di sopportare continui cambi di rotta. E' divertente, anche se un tantino faticoso.
Le scogliere di arenaria sembrano non finire più: si alternano in un sali scendi molto suggestivo per una decina di chilometri, lungo i quali non si incontrano che tre o quattro ristorantini sulla riva del mare, nei punti in cui le gole si allargano e lasciano spazio ad una strada sterrata.
Non ci sono altro che scogliere punteggiate di macchia mediterranea e profumo di miele nell'aria. Niente case, niente alberghi, nient'altro.
Non stacchiamo più gli occhi dalla costa.
Se non fosse per l'esiguità della spiaggia, così schiacciata sotto la scogliera, ci piacerebbe fare una bella sosta da queste parti. La lunga spiaggia rossa di Megali Laka è senza dubbio la più bella: e ha un piccolo porticciolo, metà naturale e metà artificiale, dove sono ormeggiati un paio di pescherecci e un paio di motoscafi. Dalla barriera frangiflutti, creata con gli stessi massi crollati dalla scogliera, ci salutano due pescatori, tutti intenti a fare i complimenti ai due sub che sono appena riemersi con due grossi pesci appena arpionati.
Ci viene voglia di calare le nostre povere lenze, che sono da giorni a prendere acqua e sale sul ponte posteriore del mio Voyager. Il sole che da ieri è diventato padrone assoluto del cielo azzurro, ha scaldato per bene l'aria, tanto che quando entriamo in baiette ridossate il caldo si fa sentire al punto da farci desiderare di togliere anche la giacca d'acqua a maniche corte (che da ieri speriamo abbia definitivamente sostituito quella a maniche lunghe). L'acqua però resta ancora freddina, specie per i miei gusti, e restare immersi fino alle ginocchia per lavare l'eventuale bottino di pesca non è proprio quel che più ci entusiasma in queste prime giornate di viaggio non ancora pienamente estivo. Aspetteremo.
Nel frattempo, la costa si alza ancora e crescono le scogliere triangolari macchiate di macchia mediterranea.
E' così fino al penultimo capo meridionale dell'isola, caratterizzato da un lungo sperone roccioso che si allunga in mare come un uncino, tanto da accogliere nel suo incavo un altro piccolo porticciolo naturale. L'uncino è basso sull'acqua e disseminato di grandi massi tondeggianti, perfettamente levigati come grandi uova di dinosauro. Provo a farli notare a Mauro, che però già fila verso il nostro campo base, scovato in una zona della spiaggia a mezza luna che diventa un poco più profonda, proprio sul limitare del sentiero costiero che arriva fino all'altro capo meridionale di Corfù, l'ultimo.
Qui l'isola finisce e davanti a noi c'è solo il mare calmo e la foschia che avvolge Paxos, la nostra prossima meta.

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